mercoledì 17 settembre 2014

La banalità dell'emergenza

Ormai migliaia di persone vivono a Roma in tane metropolitane che sono diventate parte integrante del tessuto urbanistico della città. Le strade laterali alle stazioni Termini e Tiburtina, al tramonto, diventano penosi dormitori a cielo aperto.
Una popolazione di disperati sparisce nella penombra e va regolarmente ad accucciarsi davanti agli ingressi dei grandi magazzini, altri spariscono tra gli alberi di Villa Pamphili e Villa Borghese, sotto i cavalcavia, tra i ruderi archeologici.
I romani passano, osservano e tirano diritto. Siamo dentro la normalità dell’emergenza, abbiamo ceduto all’idea che l’emarginazione sia inevitabile, abbiamo smarrito la capacità di credere che la povertà debba comunque avere una soglia di dignità.Tutto questo è inaccettabile. Prima di pensare a pedonalizzare magnificamente il centro storico, prima di sedersi a trattare con gli imprenditori americani che qui vorrebbero realizzare un nuovo grandioso stadio, prima di aumentare i taxi e abbassarne le tariffe, prima di sferrare un colpo alla sosta selvaggia dei pullman, eliminare i tavolini abusivi dei bar, riempire le buche che rendono insicure le strade, restaurare il mausoleo di Augusto e finire magari di costruire qualche stazione della metropolitana, prima insomma di rendere questa città più simile alle grandi capitali europee, sarebbe opportuno e giusto cominciare a renderla più civile e dignitosa per tutti.

Dall'edizione odierna del Corriere.it

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